Il contrabasso e i sogni.
L’ultima volta ci siamo visti in un piccolo castello della Cantabria. Un paesaggio brullo e immenso, rotto solo dal suono dei campanacci delle mucche e delle folate di vento.
Io provavo a dare voce e respiro alle opere di Pilar. Passavamo la giornata spostando divani, parrucche, reti, specchi e quadri in un grande salone di legno e di pietra, immersi nei mantra buddisti e nelle arie della Callas. Alla sera ci rifugiavamo in una piccola osteria di campagna a mangiare testine d’agnello e fagioli.
Abbiamo sempre pensato che musica e arte visiva siano assolutamente complementari e che quello che manca a uno, lo possieda l’altro.
La musica finisce sempre per suggerire immagini e colori. E le immagini e i colori finiscono sempre per evocare suoni e ritmi, anche se per il pubblico i risultati sono spesso assolutamente diversi da quelli voluti dall’artista.
Così, dopo tanti anni di concerti in gallerie d’arte e posti di ogni genere, Pilar ed io nel 2008 abbiamo lavorato insieme per dare un’anima sola ai suoni e ai segni, mettendola in sintonia con le pietre dei muri e il legno delle travi che ci accoglievano e sovrastavano.
I visitatori arrivati per l’inaugurazione della mostra probabilmente non hanno capito subito cosa stesse succedendo – del resto per capire cosa ti sta raccontando un quadro bisogna stare un po’ fermi e in silenzio… Ma le pietre sembravano molto contente.
Di Pilar conoscevo il periodo dei treni, quello dei rinoceronti, quello del tulle e quello delle scarpe. Quello mi sembrava il periodo della luce.
Adesso è il periodo del sogno.
Anch’io vorrei avere un periodo di rinoceronti e luce e sogno (quello del tulle mi sembrerebbe alquanto inadatto, e di scarpe e treni ne ho consumati fin troppi!).
Chissà che suono uscirebbe dal mio contrabbasso…
Furio di Castri
Torino, Italia 15 marzo 2010
Foto ©Leonardo Schiavone